giovedì 19 novembre 2009

Il primo impatto

Dopo aver passato l’esame di ammissione e tutti i traumi a esso connessi (sembra che tutti quelli che ti circondano siano madrelingua o abbiano trascorso anni all’estero e tu pensi che non ce la farai mai; conosco una sola persona che era sicura che sarebbe stata ammessa, è la stessa persona che al liceo aveva 8 in latino…) finalmente si comincia a frequentare. Cosa attende una povera matricola che giunge alla SSLMIT?

Prima le buone notizie: non c’è il solito trauma che segnala il passaggio dalle superiori all’università, la SSLMIT non è che la continuazione delle superiori, tutto è già organizzato per te, il piano di studi è praticamente già stabilito, per cui nessuno viene preso dall’angoscia “cosa devo fare? a chi mi devo rivolgere? quali lezioni devo/posso/voglio seguire?”. Insomma, se a scuola si andava sapendo che qualcun altro organizzava le lezioni per noi, qui la situazione è perfettamente identica, o quasi. (si parla della SSLMIT vecchissimo ordinamento, 41 esami in 4 esami, per intenderci, secoli fa... ora è cambiato tutto.)
Il lato negativo: la SSLMIT non è che la continuazione delle superiori. Lo so, era una delle buone notizie, ma pensateci bene: l’organizzazione fatta da altri va bene, ma essendo pochi gli iscritti (un centinaio, al massimo due ogni anno, si parlava di élite, no?) i corsi sono frequentati da poche persone, per cui i prof ti conoscono, si ricordano la tua faccia (un punto a tuo favore in sede di esame, se è un esame orale), ma se non ti vedono mai sanno che hai preso sotto gamba il loro corso e la maggior parte di loro non lo apprezza e, se può, te la fa pagare (seguirà prima o poi un capitolo sui soprusi). C’è chi pretende (a ragione, anche se secca ammetterlo) la frequenza delle proprie lezioni, c’è chi non la pretende proponendo due diversi tipi di esami per frequentanti e per non frequentanti. Inutile dire che in genere quello per frequentanti prevede lo studio degli appunti delle lezioni e di un paio di libri, mentre quello per non frequentanti prevede lo studio di una bibliografia ben pasciuta, ma bisogna pur riempire le ore che la non-frequenza del corso ci ha regalato, no?
Ovviamente ci sono altri lati negativi, ma chi ne è già uscito non vuole ricordarli (ore e ore dallo psicanalista per dimenticare, gente che mi ha raccontato della difficoltà a provare un orgasmo e l’azione catartica di questo blog) mentre chi è appena entrato... o sta frequentando da qualche anno e li conosce già oppure avrà comunque tutto il tempo per scoprirli, ogni cosa a suo tempo.
A proposito di tempo, come dimenticare nel lontano 1994 la prima lezione di traduzione tedesco-italiano (con la Tonelli) e la prima, fatidica domanda: “Preferite fare lezione cum tempore o sine tempore?”. Brivido di terrore/stupore tra gli studenti. Gli anni di latino alle superiori (per chi l’ha studiato) non aiutano, imbarazzati ci guardiamo l’uno con l’altro, speriamo che risponda qualcun altro (come a scuola, no?), vorremmo dare una risposta a casaccio, ma non sappiamo se la domanda nasconde qualche trabocchetto, finché la prof forse si avvede della situazione e spiega: “Insomma, preferite il quarto d’ora accademico prima o dopo la lezione?”. Sospiro di sollievo, non era poi così tremendo. Ma già lì si è prospettato un primo interrogativo: perché i prof, se devono farsi capire da noi, non parlano come mangiano? Nel corso degli anni ho sviluppato una teoria tutta mia in proposito: alcuni dei nostri beneamati prof vivono in un mondo mentale parallelo, senza rendersi conto che noi studenti non possiamo comprendere (né del resto ne abbiamo il minimo interesse), per il semplice motivo che si tratta di astruse complicazioni linguistiche e mentali senza le quali sopravviviamo benissimo.
Dopo ore e ore di lezione all’università comunque mi è rimasto un dubbio: perché si parla di ore se in realtà sono solo 45 minuti? Convengo comunque che per la maggior parte delle lezioni sono sufficienti tre quarti d’ora, poi la soglia di interesse cala miseramente, semmai c’è stato.
Ma non è finita. Ricordiamo che le ore di lezioni settimanali sono tante e la frequenza è obbligatoria (o almeno lo era ai miei tempi). Ma allora perché – e il dubbio è lecito – ci sono così tante sovrapposizioni di ore? E non solo tra seconde lingue (naturalmente non si può tener conto delle esigenze di tutti gli accoppiamenti linguistici, soprattutto se qualcuno decide di seguire tre o più lingue), ma a volte anche tra le prime e le seconde.
Destreggiandosi tra quarti d’ora accademici e appunti raccattati qua e là non è impossibile cavarsela, ma ciò non significa che sia anche facile. E poi c’è sempre qualche prof che si ingelosisce se mostri di preferire un altro corso con lo stesso orario. La cosa più interessante è che a volte coincidono perfino le date d’esame, per cui ti ritrovi a fare i conti con tre esami che vorresti dare e due sole date (i due appelli della stessa sessione). E se sei fortunato puoi fare un esame di mattina e uno di pomeriggio!
Non dimentichiamo che per dare esami si hanno solo 3 possibilità: giugno e ottobre (sessioni con due appelli) e febbraio, sessione straordinaria con un solo appello. Per facilitare la vita agli studenti lo stesso esame può essere dato al massimo due volte all’anno e in febbraio se ne possono dare solo due. Una passeggiata! Per fortuna alcuni (pochi) prof ti vengono incontro con pre- e post-appelli, mossi da sincera pietà.

3 commenti:

  1. Sono passati parecchi anni ma non dimenticherò mai la frase chiave del discorsetto di benvenuto (?!) rivolto dal preside della scuola alle nuove matricole: "Alla fine dell'anno vi schiaccerete come mosche contro i vetri della finestra!".
    Ci avevamo messo un po' a renderci conto che non aveva molto senso...

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  2. Azz, bel benvenuto! Chi era il preside ai tuoi tempi? Durante la mia permanenza ci sono stati sia Crevatin sia Dodds. Del resto mi avevano raccontato che anche al politecnico di Milano i discorsi di benvenuto non erano incoraggianti, della serie "Guardate bene chi vi siede accanto, davanti e dietro... perché alla fine dell'anno almeno la metà non ci sarà più". Si divertono? :-)

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  3. Era l'esperto di lingue bantu ;-)

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