lunedì 12 aprile 2010

Il tempo libero

È risaputo che scuola interpreti non ha poi molti studenti, l’esame d’ammissione riduce necessariamente il numero di iscritti. E allora perché ovunque vai a Trieste incontri sempre qualcuno di scuola? Ma non solo in città, ho incontrato gente che conoscevo dall’università perfino in una frazione di Rimini! Per quanto riguarda la prima domanda c’è una spiegazione matematica: la maggior parte degli studenti delle altre facoltà è del triveneto, per cui il weekend va a casa, mentre noi, stoici, restiamo a Trieste e dato che la città è piccola ci si ritrova sempre. Oppure è semplice sf...ortuna. O ancora, i posti che si frequentano sono sempre gli stessi.

Ma cosa fa lo studente della SSLMIT nel tempo libero? Chi non va a casa per il fine settimana va ad alimentare il popolo frequentatore di pub della città, oppure – dato che gli studenti sono sempre squattrinati – organizza feste a casa propria (a turno), più di una casa si è trasformata in questo modo in una sorte di “comune”. Da bravi risparmiatori gli SSLMITiani vanno al cinema quasi solo di martedì, dato che si paga di meno. Sono in genere informatissimi in merito a inaugurazioni di mostre o avvenimenti culturali, se è previsto un banchetto gratuito per i partecipanti. Insomma, si sanno arrangiare.
I locali da frequentare ai miei tempi erano sempre gli stessi (e quasi tutti chiudevano la domenica, per cui o si andava al Tor Cucherna oppure si stava a casa), più che di cambiamenti o rinnovamenti dei locali si può parlare di cambiamenti di mode: a Trieste quando un locale è in, ci vanno tutti. D’inverno pub e poche discoteche, d’estate Piazza Unità, Molo Audace (dove a volte vengono anche organizzate feste con birra e musica artigianale – chitarre e simili) e Porto Vecchio, con capatine al Pinguino per i balli latino americani. Oppure al Cantera, discoteca all’aperto nota ai più, ma ci vuole la macchina o qualche amico motorizzato.

D’estate c’è poi un’istituzione, sconosciuta a chi non è della zona: l’osmiza. Si potrebbe tradurre con “osteria”, ma è molto di più e allo stesso tempo molto di meno. In tedesco si direbbe Strausswirtschaft o Besenwirtschaft. Avete voglia di pane, salame, arrosti, formaggi della zona, il tutto annaffiato da un bel bicchiere di terrano? Allora prendete la macchina, andate in Carso e cercate una frasca appesa a un incrocio, seguite le indicazioni, parcheggiate, sedetevi e per pochi euro potrete mangiare e bere a volontà! Anche in inverno si trovano osmize aperte (la tradizione vuole che aprano solo otto giorni all’anno, in realtà rimangono aperte più a lungo, ma quasi mai più di due settimane), dovete solo avere un po’ di pazienza e di fortuna per trovarle!
In estate è anche d’obbligo la tintarella, anche se si è spesso in preda a un dubbio: meglio presentarsi a un esame sicuri e abbronzati, o pallidi e malaticci per dimostrare quanto si è studiato? Allora si ruba qualche ora di sole sulla terrazza del sesto piano, al Molo Audace e infine a Barcola, con il libro in borsa, nella vana speranza di riuscire a studiare qualcosa.
Qui è d’obbligo soffermarsi sulla popolazione “barcolana”. Barcola non è solo una denominazione geografica, è un’istituzione. La passeggiata che porta a Miramare è suddivisa in varie zone, rigorosamente legate a specifiche fasce di età. La prima zona, pineta compresa, si suddivide tra chi arriva con la 6 e non ha voglia di camminare molto, a chi vuole fare picnic, giocare a carte e seguire le lezioni di aerobica gratis, il tutto all’ombra della pineta. Ci sono poi le famiglie con bambini nell’unica zona – fine pineta – dove ci sono due surrogati di spiaggia. Poi i topolini, costruzioni che ricordano le orecchie di Mickey Mouse: alcuni solo per ragazzini, altri – ma solo sopra, non vicino al mare – per gente un po’ più in là con gli anni. È anche l’unica zona in cui c’è servizio di bagnini malgrado non sia a pagamento. Segue poi la zona “California” e “Marinella” (rispettivamente dal nome di un bar e di un ristorante sulla riva), frequentata da ragazzi delle superiori. E infine il bivio, l’ultima zona balneabile non a pagamento prima di Miramare, anch’essa un’istituzione, tanto che quando si è profilata all’orizzonte la possibilità di renderla “spiaggia” a pagamento c’è stata quasi una rivolta cittadina. La popolazione del bivio segue ritmi precisi: fino all’una circa, a parte poche eccezioni, ci sono persone sopra la cinquantina, utilissime per venire a conoscenza delle varie attività cittadine. Poi il cambio della guardia, arrivano tutti i fighetti della città, perfino gente che mangia la mela in piedi per meglio mettere in mostra i bicipiti.
Ci sono altri luoghi dove fare il bagno e prendere il sole, ma a chi è sprovvisto di macchina non si offrono molte alternative oltre al cemento di Barcola, dove si è stipati come sardine. In città è degno di nota anche il Pedocin, bagno dei tempi andati, dove uomini e donne devono ancora occupare aree separate.

Cosa sarebbe poi una giornata estiva senza gelato? Anche qui va detto che la gelateria preferita dalla popolazione triestina è anche pericolosamente vicina alla SSLMIT: Zampolli di Via Ghega, altrimenti noto come Zampega (l’omonimo in Cavana è noto come Zampana e quello in Viale come Zampale), famoso per il suo variegato alla nutella. La sua fama gli permette anche di avere i prezzi più alti della città, senza che ci sia mai un calo nell’afflusso. Guadagnano talmente tanto che si possono permettere di rimanere chiusi per la maggior parte dell’inverno.

giovedì 1 aprile 2010

Amore e dintorni

Anche in questo campo la popolazione SSLMITiana risulta sui generis, e non solo per i problemi già esposti di identità sessuale e relative inclinazioni. Le ragazze della SSLMIT hanno un qualcosa che le distingue dalla popolazione universitaria media: un’alta percentuale ha storie con uomini più vecchi, sposati o meno. Perché? Non sono una psicologa e non mi interessa andare a fondo alla questione. Semplicemente sulla base di osservazioni casuali del comportamento delle SSLMITiane siamo giunti a questa conclusione: la percentuale di ragazze con storie più o meno ufficiali con uomini più vecchi sembra maggiore rispetto alle altre facoltà.

A volte la cosa nasce e si sviluppa all’interno delle mura del vecchio Hotel Regina tra studentesse e i pochi esponenti di sesso maschile (ed eterosessuali) tra i prof, anche se bisogna ammettere che in molti casi si tratta solo di dicerie e pettegolezzi, che, come ho già detto altrove, a scuola abbondano. Del resto, in un ambiente a maggioranza femminile è naturale che nascano pettegolezzi (le donne sono o non sono più portate per le lingue e per le chiacchiere?), se poi hanno un fondo di verità è più facile che non muoiano sul nascere, ma vengano ingranditi e pubblicizzati.

In alcuni casi invece le storie non sono solo dicerie, ma vengono ufficializzate (alcuni esponenti del corpo docente sono sposati – o lo sono stati – con ex studentesse), anche se la maggior parte delle volte vengono tenute segrete, con scarsi risultati, dato che ne sto parlando.

Per ovvi motivi non posso elencare né nomi, né situazioni troppo esplicite. A conferma del carattere internazionale della popolazione di Via Filzi bisogna dire che questa non è razzista (ogni continente è buono: Europa, America, Asia, Africa e Oceania, andiamo al di là dei confini nazionali e linguistici, com’è giusto che sia in una facoltà di lingue) né classista (dall’operaio al professore, dal cameriere al ginecologo). Forse in questo ha preso spunto da un prof di cui si è sempre detto che non ha pregiudizi nei confronti delle studentesse: di qualunque colore, lui se le fa tutte (pare anche che abbia convissuto per mesi con un uomo, il che confermerebbe la sua apertura mentale).

Le chiacchiere si diffondono allegramente ed è facile venire a conoscenza di dettagli più o meno privati della vita presente e passata dei prof. C’è sempre chi conosce qualcuno che “sa”. Ed ecco quindi una storia d’amore in passato tra due docenti di inglese, ora entrambi sposati (con altri). C’è sempre stata una notevole simpatia da parte di una prof di francese per uno di inglese, malgrado lui abbia famiglia. È nato poi un amore tra esperti di linguistica. Ci sono state molte altre storie più o meno segrete che è bene rimangano tali.

A volte, per caso, si viene addirittura a conoscenza di dettagli intimi, di parole particolari (addirittura vezzeggiativi quali “Piggy”) utilizzate in momenti di intimità da alcuni prof. E qui non sono complici i pettegoli, ma solo le pareti troppo sottili tra appartamenti adiacenti.