sabato 30 gennaio 2010

Il PC: questo sconosciuto

Premessa: i miei ricordi risalgono alla seconda metà degli anni 90, sono sicura che adesso l’ignoranza informatica non sia più altrettanto diffusa. Anche se continuo a pensare che i traduttori e gli interpreti non siano dei geni informatici, bensì – per buona parte – persone che usano il computer perché devono, ma se potessero farne a meno ne sarebbero ben felici. Ci sono naturalmente delle eccezioni, ma seguire le peripezie informatiche di molti traduttori è spesso esilarante... e ti fa anche capire quando siamo spesso impotenti di fronte alla tecnologia.
Quindi, nota dolente della SSLMIT 10-15 anni fa: i computer, per vari motivi. Prima di tutto dovremmo essere felici di avere a disposizione ben tre sale PC, in Via D’Alviano c’erano forse tre PC. Ma – direte voi – quanto sarebbe bello se funzionassero tutti e sempre... Di sventure legate ai computer ce ne sono state molte.
Una veloce carrellata: la stampante, quando ne hai urgente bisogno, non funziona perché (nell’ordine): c’è un non meglio specificato problema di rete che verrà risolto al più presto (in genere due giorni dopo il termine di consegna di tesine o lavori di altro tipo); manca il toner (non si è mai capito perché si aspetti che finisca per ordinare quello nuovo); tutto pare funzionare, ma il tuo PC è l’unico della sala che non stampa.
Ancora: nel periodo precedente la consegna delle tesi in genere c’è qualche problema generale (alla rete dell’università di Trieste, non solo della scuola, che fortuna!), non si riesce nemmeno ad accedere a Windows perché le password non vengono riconosciute (quando succede a metà mattina c’è qualche fortunato che può usare il PC, a patto di non disconnettersi fino a sera, altrimenti viene rifiutato come tutti gli altri), e quando si riesce, sorpresa! Non funziona internet.
In altri periodi ci sono morie di PC: siamo giunti ad avere 3 PC funzionanti su 10. Il tecnico, interpellato, ha risposto che si erano rotti i dischi fissi, ma non sapeva il perché. Bene.
Sono capitati anche strani casi di PC sentimentali: uno funzionava perfettamente con gli utenti abituali, quando questi hanno abbandonato il PC perché avevano consegnato la tesi, lui si è sentito tradito e pezzo a pezzo ha smesso di funzionare: prima Explorer, poi pezzi di programmi specifici, poi Office e infine Windows. È successo davvero, nella sala laureandi, dove la mattina prima delle nove si scatena la lotta: c’è chi arriva alle 8.30 per mettersi in fila e poi prega il mitico bidello – promosso bibliotecario per strani e incomprensibili motivi, forse per la sua indiscutibile competenza e correttezza nei confronti della popolazione femminile – di aprire la biblioteca un po’ prima per guadagnare un quarto d’ora. Ma gli studenti sono poi disciplinati: ognuno al proprio PC.
Non possiamo però imputare tutto al caso, bisogna ammettere che la nostra scuola non brilla di menti dotate di conoscenze informatiche. Se il computer che state usando sembra stampare, ma dalla stampante non esce nulla, aspettate prima di inveire contro l’uno o l’altra, probabilmente qualcuno ha collegato il PC alla stampante di un’altra sala e si è dimenticato di ripristinare le impostazioni iniziali, oppure l’ha fatto senza rendersene conto. Succede allora che lo stesso documento venga stampato in duplice, triplice copia altrove, prosciugando il credito di fogli del malcapitato, facendo però la fortuna di qualche studente di interpretazione che ricicla i fogli abbandonati come carta da cons.
Se la stampante non vuole saperne di funzionare, può essere che qualcuno abbia preso l’icona della stampante e l’abbia spostata nel cestino, è successo.
C’è chi mi ha chiesto, dopo aver spedito una mail, se era possibile recuperare il messaggio e cancellarlo, perché si era pentito di aver scritto certe cose. Hai mai provato a recuperare una lettera dopo averla imbucata?
O ancora: dopo aver scritto alcune pagine di traduzione utilizzando il Blocco Note (ignorando bellamente le comodità di Word) uno sventurato ha chiuso il programma e poi mi ha chiesto dove era stato salvato il file. Non sapevo come dirgli che il computer fa solo quello che tu gli dici di fare (a parte Word che ha una propria personalità e proprie preferenze, per cui fa sempre il contrario di ciò che vuoi) e che quindi, se non aveva salvato il lavoro, era tutto perso. Ha deciso di andare a casa a batterlo a macchina: eravamo nel 2001.
Una domanda che mi sono spesso posta in riferimento alle immagini utilizzate come sfondo del desktop: perché in una scuola a prevalenza femminile capita così spesso che ci siano foto di bellissime modelle seminude sui vari PC?
Poi ci si chiede anche perché alcune lingue sono privilegiate – anche nei PC – rispetto ad altre lingue a volte considerate “minori”. Perché è necessario imparare a configurare explorer se si vuole navigare in siti cinesi? Perché bisogna quasi corrompere il tecnico per riuscire a stampare dei siti in cinese, con tutta la fatica che ha già comportato il download delle estensioni linguistiche da internet? E perché per stampare una tesi che contiene anche caratteri cinesi si deve prima di tutto possedere un computer – dato che i programmi di videoscrittura in cinese non sono stati comprati e quindi non si può installare nulla sui PC della scuola, nemmeno la versione demo scaricabile gratuitamente da internet – e poi occorre comprare una stampante? A questa serie di domande si può rispondere con un’ulteriore domanda: se il cinese non vi è simpatico – e lo dimostrate in vari modi, non ultimo la considerazione nei confronti di chi vorrebbe utilizzare un computer per cercare materiale – perché in primis avete introdotto il corso? Forse è sufficiente ricordare che infatti il corso è scomparso, esiste solo la specializzazione nel secondo biennio del nuovissimo ordinamento.

lunedì 18 gennaio 2010

Soprusi

Si sa, lo studente è un piccolo e indifeso animaletto su cui spesso si sfogano le frustrazioni di chi ha il coltello dalla parte del manico. E anche se non fosse così, è questo il modo in cui lo percepiamo noi. E di esempi ce ne sono a bizzeffe.
Forse penserete che sto utilizzando questa occasione per vendicarmi di ciò che ha subito. Non me la sento di smentire del tutto questa ipotesi, ma sarò democratica e lascerò spazio anche ai soprusi subiti da amici e conoscenti, o almeno a quelli di cui sono a conoscenza. E comunque se ho deciso di scrivere, un motivo ci sarà pure, no? E non è di certo solo quello di far passare qualche momento piacevole a chi legge, dicono che la scrittura abbia una funzione catartica, sto mettendo alla prova questa affermazione, se alla fine mi sentirò più sollevata, allora questo blog avrà ottenuto il suo scopo principale.
Il modo più semplice per strutturare questo capitolo sarebbe seguire la classica suddivisione in lingue, ma non ho avuto accesso a informazioni accurate su tutti i corsi e i relativi prof – se qualcuno volesse rendermi partecipe di fatti che meritano di essere resi pubblici, mi informi, sono sempre aperta a suggerimenti.
Mi limiterò comunque a parlare dei soprusi di mia conoscenza, che si sono concentrati nel secondo biennio, per cui credo sia opportuno cominciare con i prof di interpretazione.
La prima persona che viene in mente è Snelling, anche se quello che mi accingo a raccontare non può propriamente essere definito un sopruso, è semplicemente una sua buona abitudine non condivisa dai suoi studenti: perché è necessario cominciare le lezioni alla mattina alle 8 quando con il quarto d’ora accademico si potrebbe aspettare senza problemi fino alle 8 e mezza? Generazioni di studenti si interrogano su questo punto, ma il prof non si scompone e continua a portare avanti la sua crociata pro puntualità. E se arrivi tardi... beh, te lo fa pesare E NON POCO!
Ma non finisce qui. Come dimenticare le innumerevoli lezioni con penosi risultati in cabina, spesso sottolineati da commenti ironici o sarcastici di alcuni prof, che arrivano addirittura (per farti sentire più a tuo agio) a chiederti come hai fatto ad arrivare al terzo anno con quel penoso livello della lingua di turno? Oppure prof che ignorano la tua presenza, neanche fossi invisibile. A volte – è vero – è piacevole, evita figuracce e ulteriori insulti, ma alla lunga ti chiedi se davvero fai così schifo quando cerchi di interpretare. O ancora commenti del tipo: “Secondo Lei questa sarebbe un’interpretazione?”. Notare bene: ti uccidono, ma ti danno del Lei, sono educati.
E poi l’incubo per tutti gli studenti di francese: arrivare a lezione alle 8 e mezza di mattina AVENDO GIÀ LETTO IL GIORNALE, perché un interprete deve essere sempre aggiornato (mai sentito parlare di quanto è bello stare a letto un quarto d’ora in più la mattina presto?). In teoria oltre alle ore di lezione (con il vecchissimo ordinamento arrivavamo anche a più di 40 alla settimana), agli esercizi e allo studio, avremmo dovuto leggere: un quotidiano italiano al giorno, due riviste settimanali (no, non Cosmopolitan, Max o simili, si parla di riviste serie) più una rivista e qualche quotidiano alla settimana in ognuna delle lingue di studio. Oltre, ovviamente, a guardare il telegiornale tutte le sere. E chi siamo, Mandrake?
Se le lezioni sono una nota dolente, pensate allora (oppure ricordatevi) a cosa possono essere gli esami. Da professori che ti consigliano di darti all’ippica a prof che ti ringraziano per “la Sua interpretazione che ci ha fatto molto ridere” (sempre con la forma di cortesia, naturalmente), ti chiedono se stai facendo qualcosa per ostacolare il tuo apprendimento della lingua in questione, ti dicono che chiudendo tutti gli occhi possibili hanno deciso di darti 18 (e tu dentro di te fai salti di gioia) e poi aggiungono, nel consegnarti il testo d’esame, “prenda questo aborto e non lo mostri in giro”.
Insomma, abbiamo un bel repertorio, compreso un trattamento che già anni fa i prof si erano detti tutti d’accordo di eliminare (ma perseverano): a metà della sim ti aprono la porta della cabina e ti fanno accomodare, oppure dopo qualche frase dall’inizio ti dicono “Grazie, basta così”, come se ascoltarti per un massimo di 8 minuti rubasse loro tempo prezioso. C’è anche chi – per dimostrare il suo disappunto per ciò che stai dicendo – sbuffa ad alta voce (a un metro e mezzo da te), si toglie le cuffie scotendo la testa (e si sa che i vetri delle cabine sono trasparenti, per cui tu – già agitato e nervoso – ti disperi) oppure segna alla lavagna tutti gli ehm o le false partenze che fai (e ovviamente tu in cabina non sai cosa sta facendo, ma sei ipnotizzato e non riesci a distogliere lo sguardo). Oppure al momento del voto – un’occasione collettiva in cui tutti i partecipanti all’esame partecipano contemporaneamente – c’è chi ti dice: Ma Signor XY, di solito lei fa molto meglio di ZZ, questa volta invece è successo il contrario, come mai? Ah, comunque siete bocciati entrambi. GRAZIE!
Ci sono anche prof che colgono l’occasione dell’esame andato male per prendersi una piccola rivincita nei confronti di altre lingue, che ovviamente tu hai studiato a discapito della loro. Non viene loro in mente che forse l’altra lingua è stata insegnata meglio o con più simpatia. E c’è ancora chi si chiede perché alcune lezioni sono rifuggite come la peste dagli studenti.
Ma non c’è solo interpretazione. Come dimenticare – e chi ha frequentato Via D’Alviano non lo scorda di sicuro – le lezioni in cui si predicava che tutte le guerre del mondo girano solo ed esclusivamente attorno al petrolio? Può essere vero, ma cosa c’entra con l’affermazione “La bora ha cicli di 30 anni, per 30 diminuisce, poi risale. Ha raggiunto il minimo storico e per il periodo in cui sarete qui voi non potrà che peggiorare”? Interessante, ma irrilevante. E ancora le pittoresche descrizioni di soldati feriti, senza gambe e braccia in una guerra in cui il sangue scorreva a fiumi? E la dispensa composta da pagine in cui le frasi cominciavano ma non sempre finivano? A un esame una ragazza ha copiato parola per parola la dispensa (la parte relativa alla domanda, ovviamente) e le è stato abbassato il voto per il “pessimo italiano”, mah!
La frase “Signorina, Lei potrebbe anche cambiare facoltà” potrebbe sembrare appartenere al ramo di interpretazione, ma è stata pronunciata da una lettrice, simpatica, vero?
Non sono solo i prof a passare alla storia per i vari tipi di sopruso, abbiamo anche alcuni interessanti esempi tra il personale non docente. Come passare sotto silenzio la mitica bidella, che pur di farci un dispetto al terzo piano non solo non consegnava a nessuno le chiavi della sala PC, ma arrivava in ritardo e apriva prima tutte le aule e solo alla fine la tanto attesa sala PC, davanti alla quale già si stava formando la fila.
E ancora la simpatia di chi ti deve vendere i fogli per la stampante, tassativamente entro le 10.30. Tu entri, vedi la persona al telefono, non vuoi disturbare, esci perché mancano ancora 10 minuti, riprovi qualche minuto dopo, è ancora al telefono, attendi ancora, poi finalmente lei si accorge della tua presenza, ma, ahimè, sono già le 10.33, niente da fare, nemmeno se sei laureando, devi stampare la tesi, è venerdì e quindi devi aspettare fino a lunedì mattina per comprarli… un orario è un orario.